Riccardo Venturi
2005-05-18 14:33:59 UTC
Avvertenza: si tratta di un post molto lungo.
___________________________________________________________
Le Cinque Anatre, il Guccini popolare, la "Missing Song" e altro
(Otium di un piovoso giorno di maggio)
*
1. Se c'è una canzone di Guccini che gode di scarsissima
considerazione, questa è le "Cinque Anatre". Persino Guccini stesso,
nella presentazione di "Amerigo", la liquida in due parole; così come,
tempo dopo, liquiderà "La locomotiva" quasi con la stessa espressione:
"una favola".
Sembra che Guccini, tra parietarie e salvia splendens, quasi si
vergogni di aver composto e cantato delle canzoni autenticamente
popolari ("popolari" non nel senso di "famose, conosciute",
ovviamente). Eppure, se c'è una cosa che ancora mi fa restare vicino a
Guccini, o a un Guccini che c'era, è proprio quella sua anima popolare
che una volta traspariva da certe sue canzoni. Per questo le
bistrattate "Cinque Anatre" mi sono piaciute fin dall'inizio, e
continuano a piacermi. Perché è una canzone autenticamente popolare,
con quella sua ambientazione simil-russa sottolineata dalla musica. E
poi c'è dell'altro. Cose che, forse, risulteranno poco immaginabili;
cose da canzone popolare, appunto.
2. Le "Cinque Anatre" sono composte con una struttura antichissima,
presente in centinaia di canzoni popolari di tutti i paesi e di tutte
le epoche. Si tratta di una cosiddetta "canzone a scalare", o "missing
song": si parte da un certo numero di cose, usualmente tondo ed ancor
più usualmente cinque o dieci, e si procede "alla meno". E' la
struttura che tutti conosceranno dalla celeberrima filastrocca dei
"Dieci piccoli indiani" immortalata nel capolavoro di Agatha Christie
(da cui sono stati tratti ben tre film, di René Clair, di George
Pollock e di Peter Collison).
3. Usualmente, il numero di cose o persone della canzone a scalare è,
come detto, di cinque o dieci. La ragione è facilmente intuibile:
nella "missing song" vi dev'essere una strofa per ogni "perdita", e un
numero superiore avrebbe comportato un insostenibile sforzo di memoria
da parte del cantore (immaginatevi una canzone con trentacinque
anatre, per intendersi). E il Guccini ce le doveva avere bene in mente
queste cose, quando si è messo a comporre la sua "favola" venuta da
tempi lontanissimi. Magari qualcosa sentita da bambino o da ragazzo, e
che tornvava a fare capolino sotto le mentite spoglie della "taigà".
4. Le canzoni a scalare sono presenti in tutte le culture popolari.
Simboleggiano la progressiva discesa verso la solitudine, verso la
morte, verso il nulla; oppure lo scorrere inesorabile del tempo (sono
questi i suoi due "filoni" principali). Così, ad esempio, è in alcune
diffusissime canzoni popolari bretoni dove a scalare sono gli anni:
C'est dans dix ans que l'on irait
au pied d'un rosier,
C'est dans dix ans que l'on irait
au pied d'un rosier
au pied d'une rose,
Au pied d'un rosier
Mon coeur s'y repose.
C'est dans neuf ans que l'on irait...
C'est dans huit ans que l'on irait...
("Au pied d'un rosier", eseguita dai Tri Yann)
E così a scalare fino a un anno (nelle canzoni a scalare a base di
anni o mesi è impossibile arrivare a "zero anni").
Ancora tra le canzoni popolari bretoni esistono diverse canzoni a
scalare a base di marinai:
Y a dix marins sur mer loin de leurs amitiés,
loins de leurs amitiés,
y a dix marins sur mer loin de leurs amitiés,
loin de leurs amitiés
quand ils viendront à terre, fa la ra la la ra la
nous les ferons danser...
Y a neuf marins sur mer loin de leurs amitiés (...)
Y a huit marins sur mer loin de leurs amitiés (...)
("Dix marins sur mer", eseguita dai Gaillards d'Avant)
5. Una cosa che separa le autentiche canzoni popolari a scalare dalle
"Cinque anatre" gucciniane è però la ripetitività assoluta che si ha
nei componimenti tradizionali: l'unica cosa che cambia nella struttura
della canzone è il numero. Nelle "Cinque anatre" invece c'è lo
svolgimento di cinque vicende: si sa perché ad ogni strofa se ne perde
una (il "lampo nel cielo" del cacciatore, la stanchezza e la fame).
Nelle canzoni popolari a scalare, invece, non se ne fa di solito
menzione.
6. Forse le "Cinque anatre" riporta, per l'enunciazione delle cause,
più ad una variante della canzone a scalare dove un certo numero
(anche stavolta quasi sempre cinque) di persone o cose viene
"eliminato" ad ogni strofa, mentre cambiano gli oggetti. Qui si parla
più correttamente di "Canzone ad Eliminazione": è' il caso, ad
esempio, di una bellissima e dolente canzone popolare tedesca
risalente al tempo della guerra dei Trent'Anni, intitolata "Zogen
einst fünf wilde Schwäne":
Zogen einst fünf wilde Schwäne,
Schwäne leuchtend weiß und schön.
"Sing, sing, was geschah?"
Keiner ward mehr gesehn.
"Ja, sing, sing, was geschah?"
Keiner ward mehr gesehn.
Wuchsen einst fünf junge Birkchen
Grün und frisch an Bachesrand. -
"Sing, sing, was geschah!" -
Keins in Blüten stand. -
"Ja, sing, sing, was geschah? "
Keins in Blüten stand.
Zogen einst fünf junge Burschen
Stolz und kühn zum Kampf hinaus. -
"Sing, sing, was geschah? " -
Keiner kehrt nach Haus. -
"Ja, sing, sing, was geschah? "
Keiner kehrt nach Haus.
Wuchsen einst fünf junge Mädchen
Schlank und schön am Memelstrand. -
"Sing, sing, was geschah?" -
Keins den Brautkranz wand. -
"Ja, sing, sing, was geschah? "
Keins den Brautkranz wand.
*
Vennero una volta cinque cigni selvatici,
lucenti cigni, bianchi e belli.
"Canta, canta, che è accaduto?"
Nessuno fu mai più veduto.
"Sì, canta, canta, che è accaduto?"
Nessuno fu mai più veduto.
Crebbero una volta cinque giovani betulle
verdi e fresche in riva al ruscello.
"Canta, canta, che è accaduto?"
Ma nessuna era in fiore.
"Canta, canta, che è accaduto?"
Ma nessuna stava in fiore.
Vennero una volta cinque ragazzi
fieri e arditi alla battaglia.
"Canta, canta, che è accaduto?"
Ma nessuno tornò a casa.
"Sì, canta, canta, che è accaduto?"
Ma nessuno tornò a casa.
Crebbero una volta cinque ragazze
snelle e belle sulle rive del Memel.
"Canta, canta, che è accaduto?"
Ma nessuna portava la ghirlanda da sposa.
"Canta, canta, che è accaduto?"
Ma nessuna portava la ghirlanda da sposa.
Qui, come si vede, le cause delle eliminazioni sono riportate
chiaramente alla guerra in corso che falcia i giovani (anche in forma
di "cigni" e "betulle") e lascia sole le ragazze.
Ma l'applicazione della canzone a scalare non si ferma qui: canzoni a
scalare sono ad esempio anche quelle dove una bella ragazza viene
progressivamente spogliata fino a farla rimanere totalmente nuda, come
le "Caterinette" toscane quattro e cinquecentesche.
7. Una stretta parentela strutturale con le canzoni a scalare viene
tra le altre cose mostrata da un altro diffusissimo tipo di canzone
popolare, la cosiddetta "canzone a catena" (o, con la sua
denominazione tedesca, "Kettenlied": le canzoni a catena sono assai
tipiche della tradizione tedesca). Qui, però, la discesa progressiva
verso il nulla sfocia nella rinascita, nel nuovo inizio dell'ultima
strofa. In pratica, mentre la canzone a scalare è una "canzone di
morte", la canzone a catena è una "canzone di vita" in quanto
simboleggia l'intero ciclo vitale ("Will the circle be unbroken?", si
chiede una tipica "Kettenlied" inglese).
Anche in questo caso la canzone popolare ha influenzato non poco la
canzone d'autore: una canzone a catena è ad esempio la celeberrima
"Where have all the flowers gone" di Pete Seeger, ripresa forse da una
canzone popolare ucraina di cui pochi versi Seeger aveva letto nel
"Placido Don" di Sholochov. Nell'altrettanto celebre traduzione
tedesca di Max Colpet, interpretata da Marliene Dietrich, ovvero "Sag
mir wo die Blumen sind", il traduttore si servì di una composizione
del 1782 del poeta Georg Jacobi, anch'essa ispirata a componimenti
popolari.
8. Insomma, avete visto quante e quali cose ci possono essere dietro
una "favola" come "Le cinque Anatre". Ma non solo. Guccini, in quella
povera canzoncina, è riuscito a coniugare la sua matrice popolare con
quella che a mio parere è una citazione letteraria (e cantautorale!)
bella e buona, senza farsene quasi accorgere. Il tema degli uccelli
migratori come simbolo di libertà ad ogni costo ("ma quel suo volo
forse vuole dire che bisognava volare") è infatti già ben presente
nella poesia e nella canzone d'autore. Penso in particolare alla
famosa poesia del "pied noir" franco-algerino Jean Richepin (Lemdiyya
1849-Parigi 1926) intitolata "Les oiseaux de passage" ("Gli uccelli di
passo") che, pur non essendo né "a scalare", né "a catena", sembra
davvero essere la "sorella maggiore" delle Cinque Anatre.
La poesia è stata musicata e cantata da Georges Brassens nel 1958, e
malgrado il suo "americanismo", è secondo me impensabile che Guccini
non conoscesse Brassens e questa canzone:
Oh! vie heureuse des bourgeois; qu'Avril bourgeonne
Ou que Décembre gèle, ils sont fiers et contents.
Ce pigeon est aimé trois jours par sa pigeonne
Ça lui suffit, il sait que l'amour n'a qu'un temps.
Ce dindon a toujours béni sa destinée
Et quand vient le moment de mourir il faut voir
Cette jeune oie en pleurs; c'est là que je suis née
Je meurs près de ma mère et j'ai fait mon devoir.
Elle a fait son devoir, c'est à dire que oncques
Elle n'eut de souhaits impossibles, elle n'eut
Aucun rêve de lune, aucun désir de jonque
l'emportant sans rameur sur un fleuve inconnu.
Et tous sont ainsi faits; vivre la même vie
Toujours, pour ces gens là, cela n'est point hideux
Ce canard n'a qu'un bec et n'eut jamais envie
Ou de n'en plus avoir ou bien d'en avoir deux.
Ils n'ont aucun besoin de baisers sur les lèvres,
Et loin des songes vains, loins des soucis cuisants
Possèdent pour tout coeur un viscère sans fièvre,
Un coucou régulier et garanti dix ans.
Oh! les gens bienheureux. Tout à coup, dans l'espace
Si haut qu'il semble aller lentement un grand vol
En forme de triangle arrive, plane et passe
Où vont-ils ? Qui sont-ils ? Comme ils sont loin du sol !
Regardez les passer. Eux, ce sont les sauvages
Ils vont où leur désir le veut par dessus monts
Et bois et mer et vent et loin des esclavages
L'air qu'ils boivent ferait éclater vos poumons.
Regardez les, avant d'atteindre sa chimère,
Plus d'un l'aile rompue et du sang plein les yeux
Mourra; Ces pauvres gens ont aussi femme et mère,
Et savent les aimer aussi bien que vous, mieux.
Pour choyer cette femme et nourrir cette mère
Ils pouvaient devenir volaille comme vous,
Mais ils sont avant tout des fils de la Chimère
Des assoiffés d'azur, des poètes, des fous.
Regardez les, vieux coqs, jeunes oies édifiantes
Rien de vous ne pourra monter aussi haut qu'eux
Et le peu qui viendra d'eux à vous c'est leur fiente
Les bourgeois sont troublés de voir passer les gueux.
*
Vita felice dei borghesi! Nello sbocciar d'aprile
O nel gelo dicembrino, sono fieri e contenti.
Il piccione è in amore tre giorni con la femmina,
Gli basta. Sa che per l'amore non esiste che un tempo.
Il tacchino ha sempre benedetto il suo destino,
E quando arriva l'ora di morire, guardate
Quest'ochetta in lacrime; è qui che sono nata,
Muoio accanto a mia madre, ho fatto il mio dovere.
L'ha fatto, il suo dovere; vale a dire che mai
Ha avuto un desiderio impossibile, mai
Ha sognato la luna, mai ha voluto una giunca
Che per un fiume ignoto la portasse senza remi.
E son tutti così; viver la stessa vita, sempre,
Per questa gente non è affatto vergognoso.
Quest'anatra non ha che un becco, e mai
Ha voluto non averne, oppure averne due.
Nom hanno alcun bisogno di baci sulle labbra,
E lungi da vani sogni, da pene ardenti
Hanno per cuore un intestino a posto,
Un cucù regolare garantito dieci anni.
Oh, che gente felice! D'improvviso, nello spazio,
Così in alto da parer lento, un ampio volo
In forma di triangolo arriva, plana e passa...
Dove vanno? Chi sono? Come son lontani da terra!
Guardateli passare! Sono loro, i selvaggi
Che vanno dove vogliono, e passan monti,
Foreste, il mare, il vento! Via dalla schiavitù!
L'aria che bevono vi farrebbe scoppiare i polmoni.
Guardateli! Prima di raggiunger la loro chimera
Molti, con le ali rotte e gli occhi pieni di sangue,
Moriranno. Anche loro hanno un padre e una madre,
E li sanno amare come e meglio di voi.
Per vezzeggiare una moglie o nutrire una madre
Potevan divenire del pollame come voi;
Ma son sopratutto figli d'una Chimera,
Assetati d'azzurro, poeti, folli.
Guardateli, vecchi galli e ochette tutte perbene!
Nulla che avete potrà mai salire tanto in alto;
Ed il poco che avrete da loro, è la merda;
I borghesi se la prendono, quando passano i pezzenti.
9. Per concludere, quindi, in questa (forse bizzarra) carrellata sulle
possibili "radici" delle Cinque Anatre (permettetemi di trovare bello
tornare a parlare di radici a proposito di Guccini) ho cercato di
ribadire i legami che "il più colto dei cantautori italiani", come
ebbe a dire tanti anni fa Umberto Eco, ha con la canzone popolare. Non
mi stupirei affatto di trovare delle "canzoni a scalare" oppure "a
catena" tra quelle che si conoscevano a Pavana e nell'intero Appennino
tosco-emiliano, così come -ripensandoci- devo averne udita anch'io
qualcuna, da bambino, all'Isola d'Elba. Risento sempre la mia bisnonna
(Dini Giuseppa, nata nel 1888 e morta nel 1968 davanti ai miei occhi)
e mia nonna (Dini Maria, nata nel 1911 e morta nel 2000) cantarmi la
buffa canzone della "Gigiotta", che si sposa facendosi passare per una
bella ragazza e che, arrivata al fatidico momento della prima notte di
nozze, svela il suo vero aspetto levandosi ad ogni strofa il naso
finto, la parrucca, la dentiera, il seno fatto con dei gomitoli di
lana, fino a rimanere una racchia clamorosa e far scappar via il
povero sposino. Una "canzone a catena" anche quella. E, magari, chissà
quante ne conoscete anche voi nelle vostre tradizioni, nelle vostre
regioni, nei vostri paesi.
Salut,
--
*Riccardo Venturi* <***@katamail.com>
*Er muoz gelîchesame die leiter abewerfen
So er an îr ufgestigen ist (Vogelweide & Wittgenstein)*
*CH-1700 Fribourg/Freiburg (Confoederatio Helvetica)
*0041 78 623 99 86
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Le Cinque Anatre, il Guccini popolare, la "Missing Song" e altro
(Otium di un piovoso giorno di maggio)
*
1. Se c'è una canzone di Guccini che gode di scarsissima
considerazione, questa è le "Cinque Anatre". Persino Guccini stesso,
nella presentazione di "Amerigo", la liquida in due parole; così come,
tempo dopo, liquiderà "La locomotiva" quasi con la stessa espressione:
"una favola".
Sembra che Guccini, tra parietarie e salvia splendens, quasi si
vergogni di aver composto e cantato delle canzoni autenticamente
popolari ("popolari" non nel senso di "famose, conosciute",
ovviamente). Eppure, se c'è una cosa che ancora mi fa restare vicino a
Guccini, o a un Guccini che c'era, è proprio quella sua anima popolare
che una volta traspariva da certe sue canzoni. Per questo le
bistrattate "Cinque Anatre" mi sono piaciute fin dall'inizio, e
continuano a piacermi. Perché è una canzone autenticamente popolare,
con quella sua ambientazione simil-russa sottolineata dalla musica. E
poi c'è dell'altro. Cose che, forse, risulteranno poco immaginabili;
cose da canzone popolare, appunto.
2. Le "Cinque Anatre" sono composte con una struttura antichissima,
presente in centinaia di canzoni popolari di tutti i paesi e di tutte
le epoche. Si tratta di una cosiddetta "canzone a scalare", o "missing
song": si parte da un certo numero di cose, usualmente tondo ed ancor
più usualmente cinque o dieci, e si procede "alla meno". E' la
struttura che tutti conosceranno dalla celeberrima filastrocca dei
"Dieci piccoli indiani" immortalata nel capolavoro di Agatha Christie
(da cui sono stati tratti ben tre film, di René Clair, di George
Pollock e di Peter Collison).
3. Usualmente, il numero di cose o persone della canzone a scalare è,
come detto, di cinque o dieci. La ragione è facilmente intuibile:
nella "missing song" vi dev'essere una strofa per ogni "perdita", e un
numero superiore avrebbe comportato un insostenibile sforzo di memoria
da parte del cantore (immaginatevi una canzone con trentacinque
anatre, per intendersi). E il Guccini ce le doveva avere bene in mente
queste cose, quando si è messo a comporre la sua "favola" venuta da
tempi lontanissimi. Magari qualcosa sentita da bambino o da ragazzo, e
che tornvava a fare capolino sotto le mentite spoglie della "taigà".
4. Le canzoni a scalare sono presenti in tutte le culture popolari.
Simboleggiano la progressiva discesa verso la solitudine, verso la
morte, verso il nulla; oppure lo scorrere inesorabile del tempo (sono
questi i suoi due "filoni" principali). Così, ad esempio, è in alcune
diffusissime canzoni popolari bretoni dove a scalare sono gli anni:
C'est dans dix ans que l'on irait
au pied d'un rosier,
C'est dans dix ans que l'on irait
au pied d'un rosier
au pied d'une rose,
Au pied d'un rosier
Mon coeur s'y repose.
C'est dans neuf ans que l'on irait...
C'est dans huit ans que l'on irait...
("Au pied d'un rosier", eseguita dai Tri Yann)
E così a scalare fino a un anno (nelle canzoni a scalare a base di
anni o mesi è impossibile arrivare a "zero anni").
Ancora tra le canzoni popolari bretoni esistono diverse canzoni a
scalare a base di marinai:
Y a dix marins sur mer loin de leurs amitiés,
loins de leurs amitiés,
y a dix marins sur mer loin de leurs amitiés,
loin de leurs amitiés
quand ils viendront à terre, fa la ra la la ra la
nous les ferons danser...
Y a neuf marins sur mer loin de leurs amitiés (...)
Y a huit marins sur mer loin de leurs amitiés (...)
("Dix marins sur mer", eseguita dai Gaillards d'Avant)
5. Una cosa che separa le autentiche canzoni popolari a scalare dalle
"Cinque anatre" gucciniane è però la ripetitività assoluta che si ha
nei componimenti tradizionali: l'unica cosa che cambia nella struttura
della canzone è il numero. Nelle "Cinque anatre" invece c'è lo
svolgimento di cinque vicende: si sa perché ad ogni strofa se ne perde
una (il "lampo nel cielo" del cacciatore, la stanchezza e la fame).
Nelle canzoni popolari a scalare, invece, non se ne fa di solito
menzione.
6. Forse le "Cinque anatre" riporta, per l'enunciazione delle cause,
più ad una variante della canzone a scalare dove un certo numero
(anche stavolta quasi sempre cinque) di persone o cose viene
"eliminato" ad ogni strofa, mentre cambiano gli oggetti. Qui si parla
più correttamente di "Canzone ad Eliminazione": è' il caso, ad
esempio, di una bellissima e dolente canzone popolare tedesca
risalente al tempo della guerra dei Trent'Anni, intitolata "Zogen
einst fünf wilde Schwäne":
Zogen einst fünf wilde Schwäne,
Schwäne leuchtend weiß und schön.
"Sing, sing, was geschah?"
Keiner ward mehr gesehn.
"Ja, sing, sing, was geschah?"
Keiner ward mehr gesehn.
Wuchsen einst fünf junge Birkchen
Grün und frisch an Bachesrand. -
"Sing, sing, was geschah!" -
Keins in Blüten stand. -
"Ja, sing, sing, was geschah? "
Keins in Blüten stand.
Zogen einst fünf junge Burschen
Stolz und kühn zum Kampf hinaus. -
"Sing, sing, was geschah? " -
Keiner kehrt nach Haus. -
"Ja, sing, sing, was geschah? "
Keiner kehrt nach Haus.
Wuchsen einst fünf junge Mädchen
Schlank und schön am Memelstrand. -
"Sing, sing, was geschah?" -
Keins den Brautkranz wand. -
"Ja, sing, sing, was geschah? "
Keins den Brautkranz wand.
*
Vennero una volta cinque cigni selvatici,
lucenti cigni, bianchi e belli.
"Canta, canta, che è accaduto?"
Nessuno fu mai più veduto.
"Sì, canta, canta, che è accaduto?"
Nessuno fu mai più veduto.
Crebbero una volta cinque giovani betulle
verdi e fresche in riva al ruscello.
"Canta, canta, che è accaduto?"
Ma nessuna era in fiore.
"Canta, canta, che è accaduto?"
Ma nessuna stava in fiore.
Vennero una volta cinque ragazzi
fieri e arditi alla battaglia.
"Canta, canta, che è accaduto?"
Ma nessuno tornò a casa.
"Sì, canta, canta, che è accaduto?"
Ma nessuno tornò a casa.
Crebbero una volta cinque ragazze
snelle e belle sulle rive del Memel.
"Canta, canta, che è accaduto?"
Ma nessuna portava la ghirlanda da sposa.
"Canta, canta, che è accaduto?"
Ma nessuna portava la ghirlanda da sposa.
Qui, come si vede, le cause delle eliminazioni sono riportate
chiaramente alla guerra in corso che falcia i giovani (anche in forma
di "cigni" e "betulle") e lascia sole le ragazze.
Ma l'applicazione della canzone a scalare non si ferma qui: canzoni a
scalare sono ad esempio anche quelle dove una bella ragazza viene
progressivamente spogliata fino a farla rimanere totalmente nuda, come
le "Caterinette" toscane quattro e cinquecentesche.
7. Una stretta parentela strutturale con le canzoni a scalare viene
tra le altre cose mostrata da un altro diffusissimo tipo di canzone
popolare, la cosiddetta "canzone a catena" (o, con la sua
denominazione tedesca, "Kettenlied": le canzoni a catena sono assai
tipiche della tradizione tedesca). Qui, però, la discesa progressiva
verso il nulla sfocia nella rinascita, nel nuovo inizio dell'ultima
strofa. In pratica, mentre la canzone a scalare è una "canzone di
morte", la canzone a catena è una "canzone di vita" in quanto
simboleggia l'intero ciclo vitale ("Will the circle be unbroken?", si
chiede una tipica "Kettenlied" inglese).
Anche in questo caso la canzone popolare ha influenzato non poco la
canzone d'autore: una canzone a catena è ad esempio la celeberrima
"Where have all the flowers gone" di Pete Seeger, ripresa forse da una
canzone popolare ucraina di cui pochi versi Seeger aveva letto nel
"Placido Don" di Sholochov. Nell'altrettanto celebre traduzione
tedesca di Max Colpet, interpretata da Marliene Dietrich, ovvero "Sag
mir wo die Blumen sind", il traduttore si servì di una composizione
del 1782 del poeta Georg Jacobi, anch'essa ispirata a componimenti
popolari.
8. Insomma, avete visto quante e quali cose ci possono essere dietro
una "favola" come "Le cinque Anatre". Ma non solo. Guccini, in quella
povera canzoncina, è riuscito a coniugare la sua matrice popolare con
quella che a mio parere è una citazione letteraria (e cantautorale!)
bella e buona, senza farsene quasi accorgere. Il tema degli uccelli
migratori come simbolo di libertà ad ogni costo ("ma quel suo volo
forse vuole dire che bisognava volare") è infatti già ben presente
nella poesia e nella canzone d'autore. Penso in particolare alla
famosa poesia del "pied noir" franco-algerino Jean Richepin (Lemdiyya
1849-Parigi 1926) intitolata "Les oiseaux de passage" ("Gli uccelli di
passo") che, pur non essendo né "a scalare", né "a catena", sembra
davvero essere la "sorella maggiore" delle Cinque Anatre.
La poesia è stata musicata e cantata da Georges Brassens nel 1958, e
malgrado il suo "americanismo", è secondo me impensabile che Guccini
non conoscesse Brassens e questa canzone:
Oh! vie heureuse des bourgeois; qu'Avril bourgeonne
Ou que Décembre gèle, ils sont fiers et contents.
Ce pigeon est aimé trois jours par sa pigeonne
Ça lui suffit, il sait que l'amour n'a qu'un temps.
Ce dindon a toujours béni sa destinée
Et quand vient le moment de mourir il faut voir
Cette jeune oie en pleurs; c'est là que je suis née
Je meurs près de ma mère et j'ai fait mon devoir.
Elle a fait son devoir, c'est à dire que oncques
Elle n'eut de souhaits impossibles, elle n'eut
Aucun rêve de lune, aucun désir de jonque
l'emportant sans rameur sur un fleuve inconnu.
Et tous sont ainsi faits; vivre la même vie
Toujours, pour ces gens là, cela n'est point hideux
Ce canard n'a qu'un bec et n'eut jamais envie
Ou de n'en plus avoir ou bien d'en avoir deux.
Ils n'ont aucun besoin de baisers sur les lèvres,
Et loin des songes vains, loins des soucis cuisants
Possèdent pour tout coeur un viscère sans fièvre,
Un coucou régulier et garanti dix ans.
Oh! les gens bienheureux. Tout à coup, dans l'espace
Si haut qu'il semble aller lentement un grand vol
En forme de triangle arrive, plane et passe
Où vont-ils ? Qui sont-ils ? Comme ils sont loin du sol !
Regardez les passer. Eux, ce sont les sauvages
Ils vont où leur désir le veut par dessus monts
Et bois et mer et vent et loin des esclavages
L'air qu'ils boivent ferait éclater vos poumons.
Regardez les, avant d'atteindre sa chimère,
Plus d'un l'aile rompue et du sang plein les yeux
Mourra; Ces pauvres gens ont aussi femme et mère,
Et savent les aimer aussi bien que vous, mieux.
Pour choyer cette femme et nourrir cette mère
Ils pouvaient devenir volaille comme vous,
Mais ils sont avant tout des fils de la Chimère
Des assoiffés d'azur, des poètes, des fous.
Regardez les, vieux coqs, jeunes oies édifiantes
Rien de vous ne pourra monter aussi haut qu'eux
Et le peu qui viendra d'eux à vous c'est leur fiente
Les bourgeois sont troublés de voir passer les gueux.
*
Vita felice dei borghesi! Nello sbocciar d'aprile
O nel gelo dicembrino, sono fieri e contenti.
Il piccione è in amore tre giorni con la femmina,
Gli basta. Sa che per l'amore non esiste che un tempo.
Il tacchino ha sempre benedetto il suo destino,
E quando arriva l'ora di morire, guardate
Quest'ochetta in lacrime; è qui che sono nata,
Muoio accanto a mia madre, ho fatto il mio dovere.
L'ha fatto, il suo dovere; vale a dire che mai
Ha avuto un desiderio impossibile, mai
Ha sognato la luna, mai ha voluto una giunca
Che per un fiume ignoto la portasse senza remi.
E son tutti così; viver la stessa vita, sempre,
Per questa gente non è affatto vergognoso.
Quest'anatra non ha che un becco, e mai
Ha voluto non averne, oppure averne due.
Nom hanno alcun bisogno di baci sulle labbra,
E lungi da vani sogni, da pene ardenti
Hanno per cuore un intestino a posto,
Un cucù regolare garantito dieci anni.
Oh, che gente felice! D'improvviso, nello spazio,
Così in alto da parer lento, un ampio volo
In forma di triangolo arriva, plana e passa...
Dove vanno? Chi sono? Come son lontani da terra!
Guardateli passare! Sono loro, i selvaggi
Che vanno dove vogliono, e passan monti,
Foreste, il mare, il vento! Via dalla schiavitù!
L'aria che bevono vi farrebbe scoppiare i polmoni.
Guardateli! Prima di raggiunger la loro chimera
Molti, con le ali rotte e gli occhi pieni di sangue,
Moriranno. Anche loro hanno un padre e una madre,
E li sanno amare come e meglio di voi.
Per vezzeggiare una moglie o nutrire una madre
Potevan divenire del pollame come voi;
Ma son sopratutto figli d'una Chimera,
Assetati d'azzurro, poeti, folli.
Guardateli, vecchi galli e ochette tutte perbene!
Nulla che avete potrà mai salire tanto in alto;
Ed il poco che avrete da loro, è la merda;
I borghesi se la prendono, quando passano i pezzenti.
9. Per concludere, quindi, in questa (forse bizzarra) carrellata sulle
possibili "radici" delle Cinque Anatre (permettetemi di trovare bello
tornare a parlare di radici a proposito di Guccini) ho cercato di
ribadire i legami che "il più colto dei cantautori italiani", come
ebbe a dire tanti anni fa Umberto Eco, ha con la canzone popolare. Non
mi stupirei affatto di trovare delle "canzoni a scalare" oppure "a
catena" tra quelle che si conoscevano a Pavana e nell'intero Appennino
tosco-emiliano, così come -ripensandoci- devo averne udita anch'io
qualcuna, da bambino, all'Isola d'Elba. Risento sempre la mia bisnonna
(Dini Giuseppa, nata nel 1888 e morta nel 1968 davanti ai miei occhi)
e mia nonna (Dini Maria, nata nel 1911 e morta nel 2000) cantarmi la
buffa canzone della "Gigiotta", che si sposa facendosi passare per una
bella ragazza e che, arrivata al fatidico momento della prima notte di
nozze, svela il suo vero aspetto levandosi ad ogni strofa il naso
finto, la parrucca, la dentiera, il seno fatto con dei gomitoli di
lana, fino a rimanere una racchia clamorosa e far scappar via il
povero sposino. Una "canzone a catena" anche quella. E, magari, chissà
quante ne conoscete anche voi nelle vostre tradizioni, nelle vostre
regioni, nei vostri paesi.
Salut,
--
*Riccardo Venturi* <***@katamail.com>
*Er muoz gelîchesame die leiter abewerfen
So er an îr ufgestigen ist (Vogelweide & Wittgenstein)*
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*0041 78 623 99 86
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